La battaglia di Civitate: l’esercito del papa sconfitto da Riccardo di Aversa

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A metà dell’XI secolo l’Italia meridionale smise di essere terreno di scontro tra saraceni, longobardi e il Papa. L’impossibilità di mantenere tra queste forze un equilibrio politico favori i normanni che, dalla fondazione di Aversa in poi, si affrancarono dall’essere strumento prima di uno e poi, subito dopo, dell’altro signore per diventare attori di primo piano nella storia medievale italiana.
Quando Leone IX e i principi che via via venivano spodestati, sia essi longobardi che sarceni, si resero conto che la Puglia era quasi del tutto in mano ad Umfredo d’Altavilla, che insieme a suo fratello il Guiscardo già deteneva la Calabria e che i Drengot-Quarrel di Aversa avevano il controllo di buona parte della Campania, del Principato di Gaeta e del Sipontino si sentirono naturalmente alleati contro la nuova minaccia. Il Papa si recò personalmente in Germania per ottenere la discesa dell’Imperatore e al suo ritorno, man mano che faceva ritorno a Roma, le fila del suo esercito s’ingrossavano. La partecipazione alla prima impresa militare di un Papa fu vissuta dalle soldatesche italiche con lo stesso sentimento di difesa della cristianità che qualche decennio dopo accompagnò le crociate.
Il disegno delle forze fedeli al pontefice era quello di congiungersi con quelle saracene e marciare sui normanni, ma prima che potessero giungere in Puglia all’inizio dell’estate del 1053, l’esercito dei fratelli Altavilla e del conte Riccardo di Aversa li incrociarono a Civitate sul fiume Fortore.

I due accampamenti erano separati da un paio di piccole colline, una scelta dettata dalla strategia militare dei normanni: dovevano attaccare subito e di sorpresa prima che potessero giungere i rinforzi saraceni.
Non sapremmo mai se le offerte di pace inviate dai normanni prima dell’attacco fossero un tentativo per evitare la guerra, dall’esito sempre incerto non fosse altro per il numero inferiore di uomini a disposizione, oppure un modo per verificare il numero dei loro avversari, il loro equipaggiamento e come attaccarli. Sta di fatto che soprattutto le truppe imperiali rifiutarono di scendere a patti, i soldati tedeschi presero a deridere gli uomini che avevano di fronte a causa della loro statura; con ogni probabilità anche la scelta di inviare nel campo nemico uomini non proprio nerboruti aveva lo scopo di confondere il nemico sulle proprie possibilità e sulle prossime intenzioni.
I normanni si disposero per l’attacco nella piana tra l’odierna San Paolo di Civitate e Serracapriola composti nella quasi totalità da cavalieri: Umfredo era posizionato al centro, Roberto il Guiscardo a sinistra e Riccardo di Aversa a destra.
Il pontefice dopo aver benedetto le truppe si diresse probabilmente a Civitate, il suo esercito contava un numero di uomini doppio rispetto ai normanni e si dispose in due parti: i cavalieri tedeschi a destra mentre a sinistra l’altra metà dalle truppe di fanti “italiane”.
Il primo ad attaccare fu Riccardo di Aversa, i suoi cavalieri attraversarono velocemente la fanteria nemica dividendola e costringendola a ripiegare in modo disordinato verso la collina di Serracapriola, rincorsa dagli “aversani”.
Umfredo al centro si scontrò da solo con i tedeschi e nel volgere a favore di questi ultimi la contesa fu soccorso da Roberto rimasto in attesa di capire da dove e in che modo intervenire. Ma anche così le sorti della battaglia rimasero in bilico. Fu l’intervento di Riccardo che uscito vittorioso dalla propria contesa aggirata la collina prese alle spalle le truppe imperiali. Le cronache del tempo e i ritrovamenti successivi di ossa di uomini di alta statura testimoniano l’eccidio dei cavalieri teutonici.

Quella che fu la prima battaglia in cui un papa partecipava direttamente si rivelò una disfatta. Gli storici concordano che le fortune militari dei normanni erano da attribuire alla loro capacità di governare i cavalli in battaglia senza minimamente perdere la contemporanea capacità di usare le loro armi.
La battaglia consegnò definitivamente il sud dell’Italia ai normanni. Leone IX fu prima trattenuto a Benevento poi riportato a Roma dove morì non senza aver prima creato la diocesi di Aversa, rimasta suffraganea diretta di Roma fino agli anni ’70 dello scorso secolo, attribuendole competenza sui territori dell’antica Atella, di Literno e buona parte di quelle di Miseno e Cuma, nominando personalmente il primo vescovo, Azzolino; in sostanza riconobbe la contea aversana e i suoi signori.

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